Esperienze nei seminari della LUA Libera Università dell’Autobiografia

libera università autobiografia

Premessa

L’assunto fondamentale di partenza è che RACCONTARSI e SENTIRSI COMPRESI sono due bisogni primari, come mangiare e bere.

Attenzione: raccontarsi è parlare di cose importanti per se stessi. Condividere semplicemente qual è il colore preferito o la parola suscitata da una poesia (senza andare oltre) è un raccontarsi superficiale che non soddisfa i due bisogni primari.

Tutte le attività formative (quelle di natura tecnica e a maggior ragione quelle di natura educativa) dovrebbero offrire ai partecipanti la possibilità di raccontarsi e sentirsi ascoltati.

Frequento seminari di questo tipo perché cerco esperienze di condivisione e tecniche efficaci per promuovere il racconto e la condivisione.

I seminari ad Anghiari

La Libera Università dell’Autobiografia è una associazione che si trova ad Anghiari AR, e organizza corsi di formazione e iniziative relative all’autobiografia, e, più in generale, all’approccio narrativo.

Finora, ho partecipato a due seminari.

Nel primo seminario la relatrice ha iniziato parlando ininterrottamente per due ore e mezza, presentando una serie di libri autobiografici. Non so come sia andata a finire, perché alla prima pausa me ne sono andato.

Il secondo seminario era dedicato al concetto di cura, da esplorare con le tecniche della medicina narrativa.

Ci sono innumerevoli spunti di riflessione e condivisione su questo concetto, relativi fondamentalmente a cura di se stessi, prendersi cura di qualcuno, ricevere cura da qualcuno:

  • in quali modi ti prendi cura di te
  • quando ti sei preso cura di te in passato
  • come ti senti rispetto al prenderti cura
  • come ti senti rispetto ad essere oggetto di cura
  • chi si è preso cura nella tua esistenza
  • chi si prende cura di te adesso
  • di chi ti si preso cura nel passato
  • di chi ti prendi cura adesso
  • etc.

Purtroppo, nell’incontro del venerdì pomeriggio e in quello di sabato mattina abbiamo fatto una sola attività relativa alla cura di sé. La consegna era: Scrivi una linea del tempo e indica i momenti del tuo percorso di vita in cui ti sei preso cura di te stesso.

Tutte le altre attività sono state relative ad altro (scrivo a memoria): individuare le parole per noi significative in una canzone di Cristicchi (non relativa alla cura), e poi fare un elenco collettivo delle cose fondamentali per vivere; scegliere la foto di un albero e scrivere un testo a piacere relativo alla foto, disegnare un albero, una attività di movimento corporeo (ognuno da solo, perciò non relativa alla cura). In questo caso me ne sono andato dopo la sessione del sabato mattina.

Nel seminario è mancata totalmente la condivisione autentica. Dopo aver scritto la linea del tempo, le conduttrici avrebbero potuto dividerci in piccoli gruppi e in ogni gruppo ognuno avrebbe potuto raccontare alcuni dei momenti che aveva individuato, invece niente.

L’aula era disposta con banchi a ferro di cavallo, le modalità di lavoro e interazione erano solo due: esercizi svolti singolarmente, ognuno al proprio posto, e poi interazione in plenaria con una delle conduttrici che ci interrogava: Leggi il testo che hai scritto relativo all’albero. E poi a ciascuno degli altri: Quali parole ti hanno colpito del testo? E chiuso lì. Eravamo 20, perciò sessioni lunghissime prima di aver fatto parlare tutti.

Lavorare con le metafore e con i contenuti stimolo

Nel seminario, le conduttrici hanno utilizzato principalmente la modalità del contenuto stimolo: si presenta alle persone uno stimolo (ad esempio un testo o una immagine), e si chiede di produrre una riflessione verbale o un elaborato (testo scritto, disegno).

Questa modalità è diversa da quella del lavoro con le metafore: nel lavoro con le metafore si chiede alla persona di rispondere a una domanda su di sé o su aspetti della propria esperienza di vita producendo una metafora. Ad esempio: Se tu fossi un albero, che albero saresti? La consegna in questo caso può essere disegnare un albero, descrivere per iscritto un albero, rappresentare un albero col proprio corso, etc. Segue poi il debriefing in cui la persona spiega le caratteristiche del suo elaborato. Oppure anche: Con dei mattoncini di plastica (oppure con l’argilla, con un collage, con un disegno) rappresenta il tuo matrimonio.

Con le metafore la persona è in grado di spiegare il senso della risposa. La produzione di metafore serve proprio a migliorare la consapevolezza di idee o emozioni (se utilizzo un approccio costruttivista, dirò che le metafore servono a far emergere emozioni e/o produrre significati). La persona con questa tecnica ha un ruolo attivo nel migliorare la propria consapevolezza.

Le esercitazioni con contenuti stimolo, al contrario, producono contenuti così generici che, per trarne un significato, vanno interpretati da esperti. Hai disegnato l’albero in questo modo perché sei……. La tua storia, dove racconti che devii dal sentiero per riposarti sotto un grande albero dimostra che…….

Sotto questo punto di vista le attività basate sul contenuto stimolo ricordano quelle psicoanalitiche.

A me l’approccio psicoanalitico non piace perché la persona aumenta la propria consapevolezza (ammesso che la aumenti) grazie all’interpretazione del terapeuta. Alla persona, cioè, viene assegnato un ruolo passivo, le interpretazioni spesso sono errate e vengono imposte, etc.

Nel seminario abbiamo svolto attività basate su contenuto stimolo ma senza interpretazione, perciò ancora più sterili.

In sintesi, anche in questo secondo seminario lo spazio dedicato al raccontarsi e ad attività di condivisione autentica (nel senso di relativa a cose significative per la persona) è stato pressoché inesistente.

Autore © Leonardo Evangelista. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.