Quando troppa concentrazione diventa un problema: la meditazione orientale è “sbagliata”

Jacopo Fo sulla meditazione orientale

In un seminario a cui ho partecipato nel 2023, Jacopo Fo, artista e scrittore (e incidentalmente figlio di Jacopo Fo e Franca Rame) ci ha raccontato che, dopo un periodo trascorso nel monastero buddista tibetano di Pomaia, in Toscana, si è reso conto che per anni aveva praticato una forma di meditazione “sbagliata”. Spesso le tecniche  di meditazione insegnate in Occidente da maestri orientali (mantra, visualizzazioni focalizzate – la meditazione sul respiro merita un discorso a parte) puntano inizialmente a rafforzare la capacità di concentrazione – una facoltà che noi occidentali, sottolineava Jacopo Fo, abbiamo già ben sviluppata e che, se ulteriormente promossa, può provocare affaticamento mentale e dissociazione dal corpo.

Provo qui a spiegare la sua argomentazione.

Meditazione focalizzata: perché funziona (meglio) in Oriente

Le culture orientali tradizionali, come quella indiana o tibetana, sono storicamente meno razionalistiche rispetto a quelle occidentali. Il pensiero tende a essere più analogico, mitico, simbolico, meno strutturato secondo la logica cartesiana o l’argomentazione lineare. Il loro funzionamento mentale è meno analitico e più immerso nel flusso esperienziale.

In questo contesto, pratiche come la ripetizione del mantra, la focalizzazione sul respiro o su un punto del corpo, servono proprio a sviluppare una maggiore capacità di concentrazione e astrazione, capacità che non sono al centro della formazione culturale ed educativa tradizionale. In maggior dettaglio, il percorso buddista tradizionale ha fasi progressive: (vedi l’articolo Cos’è e a cosa serve la meditazione)

  1. Fase iniziale: sviluppare la calma e la concentrazione mentale (samatha), per quietare la mente dispersa e renderla stabile;
  2. Fase intermedia: coltivare la visione profonda (vipassanā), osservando direttamente l’impermanenza, l’insoddisfazione e l’assenza di un sé stabile nei fenomeni mentali e corporei (vipassana). In alcune scuole la fase 1 e 2  vengono sviluppate assieme, non in sequenza rigida
  3. Fase avanzata: realizzare l’assenza del sé (anattā), superare l’attaccamento e raggiungere la liberazione dalla sofferenza (nibbāna)

Viceversa, l’Occidente moderno educa fin da piccoli al controllo cognitivo, alla scomposizione razionale, alla pianificazione. Fin dalla scuola, siamo allenati a ragionare per obiettivi, a dividere la realtà in categorie logiche, a risolvere problemi con metodi lineari e analitici. Studiamo per analisi, valutiamo per indicatori, comunichiamo per astrazioni. Questa impostazione, pur utile in molti ambiti (scientifici, professionali, organizzativi), produce nel tempo uno squilibrio profondo.

Molte persone vivono costantemente “nella testa”: immerse in un flusso ininterrotto di pensieri, previsioni, autoanalisi, giudizi e controlli. Questo continuo monitoraggio mentale ci tiene in uno stato di tensione cronica, in cui il corpo viene trascurato o vissuto come un oggetto da gestire, più che come una fonte di intelligenza e saggezza.

Quando il controllo mentale si irrigidisce, l’intuizione, la creatività e la spontaneità ne risultano inibite. Ci si dissocia progressivamente dal sentire corporeo, dalle emozioni autentiche, dal piacere fisico e relazionale. Per una mente occidentale già iper-focalizzata, la meditazione come ulteriore esercizio di attenzione e controllo mentale può diventare un nuovo campo di perfezionismo, ansia da prestazione spirituale, o peggio, un modo sofisticato per evitare il contatto con le parti più vive e disordinate del proprio essere.

Un esempio pratico

Un giovane monaco tibetano che ha vissuto un’infanzia semplice, immerso nella natura, senza alcuna frequenza scolastica, potrà trarre grandi benefici dalla meditazione focalizzata: è uno strumento di centratura che rafforza la sua scarsa capacità di attenzione continuativa.

Un occidentale, invece, spesso arriva alla meditazione dopo anni di stress da prestazione, sovraccarico informativo e ipercontrollo mentale. Praticare ulteriori tecniche di concentrazione rischia di essere controproducente. Siamo già “iperconcentrati” per stile di vita e cultura – lavoriamo ore e ore al giorno focalizzati su compiti specifici, pianifichiamo costantemente il futuro, analizziamo tutto razionalmente.

Quello di cui abbiamo bisogno è esattamente l’opposto: imparare a “mollare la presa”, a lasciare andare il controllo, a permettere alla mente di rilassarsi e alla consapevolezza di espandersi naturalmente. È significativo che Fo menzioni positivamente Jiddu Krishnamurti, che infatti proponeva un approccio completamente diverso: non tecniche di concentrazione, ma semplicemente “vivere consapevolmente il qui e ora, e nient’altro”.

Questo è un esempio di come l’importazione acritica di pratiche spirituali, senza considerare il contesto culturale di origine e quello di destinazione, possa produrre effetti opposti a quelli desiderati.

Due tipi di concentrazione: tensiva e rilassata

L’argomentazione di Fo, pur corretta nel suo nucleo centrale, necessita di alcune precisazioni importanti. I benefici delle tecniche di concentrazione, per gli Occidentali, dipendono dal tipo di concentrazione e dalla finalità con cui vengono praticate.

Esiste infatti una differenza fondamentale tra:

Concentrazione tensiva: controllante, giudicante, orientata al risultato, che mantiene o aumenta lo stato di tensione mentale

Concentrazione rilassata: ricettiva, accogliente, presente, che favorisce il rilassamento e la connessione corporea

La mia esperienza col training autogeno

In un certo periodo della mia vita soffrivo di ansia e ho praticato il training autogeno, una tecnica laica di meditazione sviluppata negli anni ’30 da uno psichiatra tedesco. Viene usato anche nella preparazione al parto. Il training autogeno permette di imparare a rilassare il proprio corpo. In particolare, insegna a influenzare alcune funzioni corporee solitamente automatiche, come il battito cardiaco, la respirazione, la vasodilatazione e la temperatura periferica, e per questa via migliora la connessione mente-corpo.

La mia esperienza fu positiva: l’ansia mi passò. Lo uso ancora, di tanto in tanto, quando mi rendo conto che alcune parti del corpo sono tese.

Il training autogeno, pur essendo una pratica focalizzata, ha caratteristiche specifiche che la rendono benefica per gli occidentali:

  • È orientato al rilassamento, non alla performance
  • Connette con il corpo invece di astrarsene
  • È passivo e ricettivo piuttosto che controllante
  • Mira alla distensione della tensione mentale

Pratiche di “blocco” vs pratiche di “connessione”

Un’altra distinzione utile è quella tra pratiche meditative che hanno obiettivi diversi:

Pratiche “di blocco” del pensiero (tipicamente i mantra):

  • L’obiettivo primario è occupare la mente con un contenuto ripetitivo per impedire il flusso abituale dei pensieri
  • Funzionano per sostituzione: rimpiazzano il chiacchiericcio mentale con una formulazione fissa
  • Possono creare uno stato di trance o assorbimento mentale
  • Rischiano di rafforzare l’approccio controllante (“devo ripetere perfettamente il mantra”)
  • Per gli occidentali già ipermentali, possono essere controproducenti perché mantengono l’attività nella sfera cognitiva

Pratiche “di connessione corporea” (tipicamente quelle sul respiro):

  • L’obiettivo è riorientare l’attenzione verso le sensazioni fisiche
  • Funzionano per spostamento: dalla testa al corpo, dall’astratto al concreto
  • Possono favorire il rilassamento e la presenza sensoriale
  • Sviluppano propriocezione e consapevolezza corporea
  • Per gli occidentali dissociati dal corpo, possono essere riequilibranti

Tuttavia, questa distinzione non è assoluta: anche il respiro può essere praticato in modo “di blocco” (concentrandosi ossessivamente sul controllo del ritmo respiratorio), mentre anche i mantra possono essere praticati in modo “corporeo” (sentendo le vibrazioni nel corpo).

La qualità dell’attenzione fa la differenza

Se non vogliamo seguire l’approccio di  Krishnamurti, e desideriamo praticare esercizi di concentrazione, è necessario prestare attenzione alla qualità della concentrazione stessa. Una meditazione sul respiro praticata con gentilezza e accettazione, orientata a sentire maggiormente il corpo, è molto diversa da un mantra ripetuto con rigidità mentale per bloccare i pensieri.

La differenza cruciale è nell’atteggiamento:

  • Approccio “di blocco”: “Devo fermare i pensieri, devo fare bene”
  • Approccio “di connessione”: “Osservo gentilmente, accolgo quello che emerge”

Per gli occidentali, le pratiche che riconnettono al corpo come il training autogeno sono generalmente più benefiche di quelle che ci mantengono nella sfera mentale, anche se con contenuti diversi.

La meditazione “decorativa” del corsi New Age

Nella mia esperienza personale, ho notato che in molti corsi e seminari olistici o new age  vengono proposte pratiche meditative senza spiegazioni chiare su cosa servano o quale sia l’obiettivo (vedi la ‘meditazione alla luna’ proposta in un corso a cui ho partecipato questa settimana). Spesso ci si limita a dire: “chiudi gli occhi e ascolta il respiro” oppure “medita qualche minuto per centrarti”, ma manca del tutto una cornice, un’intenzionalità, un riferimento filosofico o terapeutico.

I conduttori propongono tecniche di concentrazione (sul respiro, su visualizzazioni, mantra semplificati) per creare un’atmosfera ‘spirituale’,  come riempitivo o come tecnica ‘magica’ per rilassarsi, senza peraltro considerare che per menti già iperattive potrebbero essere controproducenti.

 

Vedi anche

Autore © Leonardo Evangelista con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. L’articolo rispecchia le opinioni dell’autore al momento dell’ultima modifica. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.

L’esperienza dell’ovulazione

Le testimonianze di un gran numero di persone riportate in forum come Reddit possono darci delle informazioni profonde e accurate su determinati fenomeni e esperienze che ricerche accademiche spesso fanno fatica a raccogliere. Attraverso centinaia di risposte spontanee e dirette, emerge un quadro ricco e variegato di come le persone sperimentano determinati fenomeni.

Ad esempio nel thread  dal titolo How do you feel when ovulating? decine di donne raccontano come si accorgono che una donna è interessata a loro.

Questo articolo presenta una sintesi ragionata di quanto emerso in questo thread.

Le testimonianze

Una percezione fisica intensa e localizzata

«Mi sembra che tutto il bacino si attivi: una pressione al basso ventre, come una morsa gentile ma insistente».

Molte donne descrivono l’ovulazione come un evento fisicamente percepibile. Alcune sentono un dolore acuto e breve (il cosiddetto mittelschmerz), altre una pressione costante o una sensazione di “gonfiore interno”. Alcune testimonianze parlano di un calore diffuso nel basso ventre, accompagnato da una consapevolezza molto nitida del proprio utero o delle ovaie.

Un picco di desiderio sessuale

«In quei giorni mi basta sentire la sua voce al telefono per iniziare a fantasticare. Mi sento viva, elettrica».

La correlazione tra ovulazione e aumento della libido è una delle ricorrenze più forti. Molte donne riportano un incremento improvviso del desiderio sessuale: maggiore reattività a stimoli minimi, fantasie più frequenti e intense, attrazione fisica più marcata. Alcune si descrivono come “più affettuose”, “più vogliose di contatto”, oppure “in uno stato di costante eccitazione sottotraccia”.

Sensibilità aumentata ai sensi

«Tutto mi colpisce di più: gli odori, le voci, la pelle che sfiora. Mi sento più animale».

Nel periodo ovulatorio si acuisce anche la sensibilità sensoriale. Molte donne riferiscono una maggiore reattività agli odori (in particolare a quello del partner o dei potenziali partner), ma anche ai suoni, al contatto fisico e agli stimoli visivi. Alcune definiscono questa condizione come un “filtro abbassato” tra il corpo e il mondo.

Maggiore sicurezza, o maggiore esposizione?

«Mi sento più bella, più sensuale. Ma anche più vulnerabile. Come se il mio corpo parlasse prima di me».

L’ovulazione sembra influenzare anche la percezione di sé. Molte donne raccontano di sentirsi più attraenti, sicure, inclini a prendersi cura del proprio aspetto. Altre segnalano invece un senso di maggiore esposizione, come se il corpo si rendesse disponibile in modo autonomo, senza il pieno controllo razionale. Questo duplice vissuto – potenziamento e fragilità – è molto ricorrente.

Un umore fluttuante, ma non sempre negativo

«Ho un’energia pazzesca, mi sveglio prima del solito e ho voglia di fare mille cose. Ma se qualcosa va storto, posso crollare in un attimo».

Durante l’ovulazione, molte donne descrivono uno stato di iperattività emotiva: più entusiasmo, maggiore voglia di iniziativa, maggiore reattività anche sul piano sociale e affettivo. Ma questa energia può essere instabile, e trasformarsi in irritabilità, pianto facile, o bisogno di isolamento. In alcuni casi si parla di un senso di “caos interiore”.

Una connessione insolita col corpo

«Sento il mio corpo come più vivo. Ogni movimento ha una risonanza diversa. Anche sedermi o camminare cambia sapore».

In molti racconti emerge un rapporto più acuto con la corporeità: maggiore consapevolezza delle sensazioni interne, dei ritmi, dei movimenti. Alcune donne dicono di sentirsi più presenti in sé stesse, altre riferiscono un senso di incongruenza tra ciò che pensano e ciò che il corpo sembra “volere”.

Quando l’ovulazione crea disagio

«A volte è troppo. Troppa voglia, troppa energia, troppa pelle scoperta. Mi sento in trappola in un corpo troppo acceso».

Non tutte le esperienze sono positive. Alcune donne vivono l’ovulazione come un momento disturbante: difficoltà a concentrarsi, disagio sociale, percezione di essere “fuori misura”. Qualcuna descrive una tensione fisica difficile da scaricare, che può trasformarsi in ansia o frustrazione.


L’ovulazione non è solo un dato biologico: è anche un’esperienza incarnata, soggettiva, culturalmente trascurata. Le voci delle donne raccolte in questo articolo mostrano come quel momento del ciclo non si limiti a un cambiamento ormonale, ma implichi trasformazioni sensoriali, affettive, relazionali. Ascoltarle, renderle visibili, può contribuire a un discorso più maturo e consapevole sul corpo femminile e sulla sua complessità.

 

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Da cosa ti accorgi che piaci a una ragazza?

Le testimonianze di un gran numero di persone riportate in forum come Reddit possono darci delle informazioni profonde e accurate su determinati fenomeni e esperienze che ricerche accademiche spesso fanno fatica a raccogliere. Attraverso centinaia di risposte spontanee e dirette, emerge un quadro ricco e variegato di come le persone sperimentano determinati fenomeni.

Ad esempio nel thread  dal titolo What’s the most obvious sign that a girl is into you? decine di uomini raccontano come si accorgono che una donna è interessata a loro.

Questo articolo presenta una sintesi ragionata di quanto emerso in questo thread.

Ecco un riassunto delle risposte più rappresentative dal thread Reddit alla domanda: Come ti accorgi che piaci a una ragazza? / What’s the most obvious sign that a girl is into you?


Segnali principali secondo le risposte Reddit

Attenzione e conversazione:

  • “She’ll try to keep up the conversation even if your replies seem so freaking dull.”
  • “She tries to talk to you. Maybe a flirty message thrown in there subtly.”
  • “She keeps looking for topics to talk with you, even though you have nothing else to say. She wants to spend time with you.”

Contatto fisico e vicinanza:

  • “She grabs your cock.” (citazione scherzosa ma ripetuta più volte)
  • “Eye contact, proximity, physical contact.”
  • “She intentionally touches anywhere on your upper body while talking to you.”

Comportamento diverso:

    • “A noticeable change in behaviour is also a good sign. Like, if she’s the more quiet type then she suddenly brightens up, or if she’s more extroverted she suddenly becomes quieter/more shy when you’re around.”

Ride ai tuoi scherzi:

  • “If you can constantly get her to laugh at your jokes, that’s probably the sign.”
  • “Laughs at your jokes even if they are not that funny.”
  • Cerca di passare del tempo con te:

  • “She wants to spend time with you.”
  • “She always finds time to see me or be with me.”

Segnali non verbali:

  • “Similes a lot around you, laughs at your jokes, finds reasons to talk to you.”
  • “She used to look at me, smile, look away, giggle, look back at me and say ‘what??’ While still holding that smile.”

Attenzione e cura:

  • “She asks things about you. Like your interest on random day. When she considers you, your feelings, your time, and space.”
  • “She is kind and understanding, also responsive.”

Segnali molto espliciti:

  • “She tells you that she likes you.”
  • “She confesses her feelings to you.”

Risposte ironiche e scherzose:

  • “She’s actively committing reverse cowgirl.” (citazione ironica)
  • “If her feet are by her ears, she likes you.” (meme ricorrente)

Considerazioni generali

Molte risposte sottolineano che spesso i segnali possono essere sottili o ambigui:

  • “Maybe she’s just being nice.”
  • “For all the ladies, us men are dumb, make your intentions blatantly obvious please, we are not good at reading clues/signs.”

Altri utenti evidenziano che il modo più chiaro è la comunicazione diretta:

  • “The most obvious? She tells you.”
  • “She communicates that she’s interested with words.”

Sintesi

Le risposte più votate e ripetute indicano che i segnali più evidenti sono:

  • Mantenere viva la conversazione e cercare la tua compagnia
  • Contatto fisico e vicinanza
  • Ridere ai tuoi scherzi e mostrare attenzione
  • Cambiamenti nel comportamento quando sei presente
  • Comunicazione diretta dei propri sentimenti

Tuttavia, molti utenti sottolineano che spesso i segnali possono essere fraintesi e che la comunicazione chiara è sempre la soluzione migliore.

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Il desiderio sessuale raccontato dalle donne

Parlano le donne

Le testimonianze di un gran numero di donne riportate in forum come Reddit possono darci delle informazioni profonde e accurate su determinati fenomeni e esperienze che ricerche accademiche spesso fanno fatica a raccogliere. Attraverso centinaia di risposte spontanee e dirette, emerge un quadro ricco e variegato di come le persone sperimentano determinati fenomeni.

Ad esempio nel thread  dal titolo What does sexual desire feel like from a female perspective? centinaia di donne raccontano come sperimentano il desiderio sessuale. Questo articolo presenta una sintesi ragionata di quanto emerso in uno dei thread più partecipati, raccogliendo le descrizioni più ricorrenti e dettagliate di come il desiderio sessuale viene percepito da molte donne.

L’esperienza femminile del desiderio sessuale

1. Un impulso che parte dal basso ventre

«Quando è intenso, sento caldo, il corpo diventa teso, inizia una pulsazione nella zona pelvica che fa quasi male».

Una delle sensazioni più frequentemente riportate è una forma di pressione o dolore sordo nell’area pelvica. Viene descritta come una tensione localizzata tra la vagina e l’ano, oppure intorno al clitoride, con una sensazione crescente di urgenza fisica.

2. Calore, congestione, battito

«Mi sento accaldata, inizio ad arrossire, il cuore accelera. Sento tutto il bacino gonfiarsi, come se qualcosa si stesse attivando».

Molte donne parlano di un’alterazione fisiologica generalizzata: il battito aumenta, la temperatura corporea sale, la pelle diventa più sensibile, i capezzoli si induriscono, si avverte una “spinta” verso il contatto fisico. La zona genitale può gonfiarsi leggermente, aumentare di volume, diventare più sensibile, umida o lubrificata.

3. L’ovulazione come amplificatore

«Quando ovulo è pazzesco: ho voglia in ogni momento, basta uno sguardo, un gesto, e mi trovo a immaginare tutto, anche scene molto esplicite».

In numerosi racconti l’ovulazione viene associata a un’intensificazione del desiderio. Alcune donne riferiscono pensieri erotici intrusivi e incontrollabili, improvvise fantasie sessuali anche in luoghi pubblici o situazioni quotidiane. Lo stimolo può emergere in assenza totale di contesto erotico, semplicemente come effetto fisiologico del ciclo.

4. Un bisogno che coinvolge tutto il corpo

«È come se ogni nervo diventasse più reattivo. Ogni tocco, ogni sfioramento, anche involontario, mi scatena qualcosa».

Il desiderio viene descritto come una condizione “di pelle”: si prova formicolio, vibrazione, contrazione involontaria dei muscoli interni. Alcune donne parlano di una perdita temporanea della coordinazione o della capacità di concentrarsi, altre di una “sete” erotica diffusa, non confinata solo all’area genitale.

5. Pensieri fissi e urgenza di contatto

«Lo guardo e sento un bisogno fisico di toccarlo, di essere toccata. A volte mi sento letteralmente affamata di lui».

Una parte consistente delle testimonianze sottolinea il legame tra desiderio e immaginazione: fantasie, scenari, proiezioni. Il pensiero si fissa sul corpo dell’altro, sui suoi gesti, sulle sue mani, sulla sua voce. Il desiderio è spesso descritto come “una fame”, o un impulso che spinge verso la penetrazione, ma anche verso la fusione, il contatto fisico completo, la pressione reciproca dei corpi.

6. Il corpo che chiede

«Sento il clitoride pulsare, mi stringo le gambe, mi mordo le labbra. Ogni cellula del mio corpo sembra chiedere qualcosa».

Tante descrizioni parlano di un bisogno fisico quasi animalesco, difficile da razionalizzare. Alcune donne usano metafore legate alla fame, alla sete, all’irrequietezza. In certi casi, quando non è possibile soddisfare questo bisogno, si parla di frustrazione, di nervosismo o perfino di un dolore sordo, come se il desiderio restasse “bloccato” nel corpo.

7. Quando la mente si scollega

«Divento incapace di pensare ad altro. Tutto quello che faccio è attraversato da immagini, ricordi, fantasie erotiche. Anche solo lavare i piatti può diventare una tortura».

Un aspetto meno noto ma molto presente è l’invasività del desiderio: in alcune fasi può essere così intenso da compromettere l’attenzione e la vita quotidiana. Alcune donne parlano di un’iperattività mentale, altre di una sensazione di “perdita del controllo”, o di un bisogno impellente di isolarsi, toccarsi o distrarsi.

8. L’effetto di uno sguardo, di un odore, di una voce

«Mi basta vederlo spostarsi tra le stanze, o sentirlo parlare con voce bassa, per sentire qualcosa scattare dentro. Inizio a stringere le cosce, a sentire un calore che si propaga”.

Molte testimonianze raccontano come il desiderio possa scaturire da stimoli minimi: un dettaglio, un movimento, un tono di voce, un odore. Lo stimolo sensoriale non ha bisogno di essere esplicito: in certe condizioni, anche la semplice vicinanza o la presenza fisica dell’altro è sufficiente per innescare la reazione.

9. Il desiderio come pienezza, o come vuoto

«Sento il bisogno di essere riempita. Non sempre per arrivare all’orgasmo, ma per calmare qualcosa che si muove dentro».

Molte donne sottolineano che il desiderio non è sempre orientato all’orgasmo. Più spesso è un bisogno di contatto, di pressione, di presenza interna. Alcune lo paragonano a una fame intensa, altre a un vuoto corporeo da colmare, un senso di incompletezza che trova sollievo solo in una forma di unione fisica.


Queste descrizioni, diverse ma convergenti, danno forma a un’esperienza corporea estremamente articolata, che coinvolge sensazioni, percezioni, pensieri e movimenti. Ci restituiscono un’immagine del desiderio come fenomeno complesso, variabile e profondamente radicato nel corpo, vissuto con intensità, talvolta con sorpresa, talvolta con disagio, spesso con un senso di urgenza difficile da tradurre in parole.

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Il Ruolo di estradiolo e testosterone nelle disfunzioni sessuali maschili

Quando si parla di salute sessuale maschile, spesso si pensa solo al testosterone. Tuttavia, un recente studio scientifico pubblicato su una prestigiosa rivista internazionale ha dimostrato che un altro ormone, l’estradiolo, svolge un ruolo fondamentale nel benessere sessuale degli uomini. Questo articolo rappresenta una svolta importante, perché aiuta a capire come il delicato equilibrio tra ormoni possa influenzare la vita sessuale maschile in modi che fino a poco tempo fa erano sottovalutati.

Che cos’è l’estradiolo?

L’estradiolo è un ormone appartenente alla famiglia degli estrogeni. Anche se è noto soprattutto come ormone femminile, viene prodotto anche dagli uomini, principalmente nei testicoli e nel tessuto adiposo. Nell’uomo, l’estradiolo deriva dalla trasformazione del testosterone attraverso un enzima chiamato aromatasi. Anche se presente in quantità minori rispetto alle donne, l’estradiolo è essenziale per la salute delle ossa, la regolazione della libido, la produzione di spermatozoi e il corretto funzionamento del sistema cardiovascolare.

Lo studio: cosa dice?

Lo studio, condotto su oltre mille uomini adulti, ha analizzato i livelli di estradiolo e testosterone in relazione alle principali difficoltà sessuali maschili: problemi di erezione, eiaculazione precoce e difficoltà nel raggiungere l’eiaculazione.

I risultati sono sorprendenti e molto rilevanti:

  • Livelli elevati di estradiolo sono stati riscontrati in uomini con difficoltà a raggiungere e mantenere l’erezione. Questo suggerisce che un eccesso di estradiolo può ostacolare la funzione erettile.

  • Livelli troppo bassi di estradiolo sono invece associati a difficoltà nel raggiungere l’eiaculazione, indicando che anche una carenza di questo ormone può creare problemi.

  • Testosterone elevato è stato collegato a casi di eiaculazione precoce, ma non sembra avere un ruolo diretto negli altri disturbi.

Lo studio sottolinea quindi che non solo il testosterone, ma anche l’estradiolo, deve essere mantenuto in equilibrio per garantire una vita sessuale soddisfacente.

Perché è importante questo articolo?

Questo articolo scientifico è importante perché cambia il modo in cui medici e pazienti dovrebbero considerare la salute sessuale maschile. Spesso si attribuisce ogni problema al testosterone, ma in realtà il corpo funziona grazie a un equilibrio delicato tra diversi ormoni. Trascurare il ruolo dell’estradiolo può portare a diagnosi incomplete e a trattamenti meno efficaci.

Cosa fare se sospetti un problema ormonale?

Se noti cambiamenti nella tua funzione sessuale, è fondamentale parlarne con un medico. Un semplice esame del sangue può aiutare a valutare sia i livelli di testosterone che quelli di estradiolo, permettendo di individuare eventuali squilibri e scegliere la terapia più adatta.

In conclusione

La salute sessuale maschile è il risultato di un equilibrio tra diversi ormoni. L’estradiolo, spesso trascurato, si rivela invece un protagonista importante. Grazie a questo studio, oggi sappiamo che sia un eccesso che una carenza di estradiolo possono causare problemi diversi, e che solo un approccio completo e personalizzato può garantire il benessere sessuale dell’uomo.

Fonti:
Different levels of estradiol are correlated with sexual dysfunction in adult men (PMC7391660)

Esperienze nei seminari della LUA Libera Università dell’Autobiografia

libera università autobiografia

Premessa

L’assunto fondamentale di partenza è che RACCONTARSI e SENTIRSI COMPRESI sono due bisogni primari, come mangiare e bere.

Attenzione: raccontarsi è parlare di cose importanti per se stessi. Condividere semplicemente qual è il colore preferito o la parola suscitata da una poesia (senza andare oltre) è un raccontarsi superficiale che non soddisfa i due bisogni primari.

Tutte le attività formative (quelle di natura tecnica e a maggior ragione quelle di natura educativa) dovrebbero offrire ai partecipanti la possibilità di raccontarsi e sentirsi ascoltati.

Frequento seminari di questo tipo perché cerco esperienze di condivisione e tecniche efficaci per promuovere il racconto e la condivisione.

I seminari ad Anghiari

La Libera Università dell’Autobiografia è una associazione che si trova ad Anghiari AR, e organizza corsi di formazione e iniziative relative all’autobiografia, e, più in generale, all’approccio narrativo.

Finora, ho partecipato a due seminari.

Nel primo seminario la relatrice ha iniziato parlando ininterrottamente per due ore e mezza, presentando una serie di libri autobiografici. Non so come sia andata a finire, perché alla prima pausa me ne sono andato.

Il secondo seminario era dedicato al concetto di cura, da esplorare con le tecniche della medicina narrativa.

Ci sono innumerevoli spunti di riflessione e condivisione su questo concetto, relativi fondamentalmente a cura di se stessi, prendersi cura di qualcuno, ricevere cura da qualcuno:

  • in quali modi ti prendi cura di te
  • quando ti sei preso cura di te in passato
  • come ti senti rispetto al prenderti cura
  • come ti senti rispetto ad essere oggetto di cura
  • chi si è preso cura nella tua esistenza
  • chi si prende cura di te adesso
  • di chi ti si preso cura nel passato
  • di chi ti prendi cura adesso
  • etc.

Purtroppo, nell’incontro del venerdì pomeriggio e in quello di sabato mattina abbiamo fatto una sola attività relativa alla cura di sé. La consegna era: Scrivi una linea del tempo e indica i momenti del tuo percorso di vita in cui ti sei preso cura di te stesso.

Tutte le altre attività sono state relative ad altro (scrivo a memoria): individuare le parole per noi significative in una canzone di Cristicchi (non relativa alla cura), e poi fare un elenco collettivo delle cose fondamentali per vivere; scegliere la foto di un albero e scrivere un testo a piacere relativo alla foto, disegnare un albero, una attività di movimento corporeo (ognuno da solo, perciò non relativa alla cura). In questo caso me ne sono andato dopo la sessione del sabato mattina.

Nel seminario è mancata totalmente la condivisione autentica. Dopo aver scritto la linea del tempo, le conduttrici avrebbero potuto dividerci in piccoli gruppi e in ogni gruppo ognuno avrebbe potuto raccontare alcuni dei momenti che aveva individuato, invece niente.

L’aula era disposta con banchi a ferro di cavallo, le modalità di lavoro e interazione erano solo due: esercizi svolti singolarmente, ognuno al proprio posto, e poi interazione in plenaria con una delle conduttrici che ci interrogava: Leggi il testo che hai scritto relativo all’albero. E poi a ciascuno degli altri: Quali parole ti hanno colpito del testo? E chiuso lì. Eravamo 20, perciò sessioni lunghissime prima di aver fatto parlare tutti.

Lavorare con le metafore e con i contenuti stimolo

Nel seminario, le conduttrici hanno utilizzato principalmente la modalità del contenuto stimolo: si presenta alle persone uno stimolo (ad esempio un testo o una immagine), e si chiede di produrre una riflessione verbale o un elaborato (testo scritto, disegno).

Questa modalità è diversa da quella del lavoro con le metafore: nel lavoro con le metafore si chiede alla persona di rispondere a una domanda su di sé o su aspetti della propria esperienza di vita producendo una metafora. Ad esempio: Se tu fossi un albero, che albero saresti? La consegna in questo caso può essere disegnare un albero, descrivere per iscritto un albero, rappresentare un albero col proprio corso, etc. Segue poi il debriefing in cui la persona spiega le caratteristiche del suo elaborato. Oppure anche: Con dei mattoncini di plastica (oppure con l’argilla, con un collage, con un disegno) rappresenta il tuo matrimonio.

Con le metafore la persona è in grado di spiegare il senso della risposa. La produzione di metafore serve proprio a migliorare la consapevolezza di idee o emozioni (se utilizzo un approccio costruttivista, dirò che le metafore servono a far emergere emozioni e/o produrre significati). La persona con questa tecnica ha un ruolo attivo nel migliorare la propria consapevolezza.

Le esercitazioni con contenuti stimolo, al contrario, producono contenuti così generici che, per trarne un significato, vanno interpretati da esperti. Hai disegnato l’albero in questo modo perché sei……. La tua storia, dove racconti che devii dal sentiero per riposarti sotto un grande albero dimostra che…….

Sotto questo punto di vista le attività basate sul contenuto stimolo ricordano quelle psicoanalitiche.

A me l’approccio psicoanalitico non piace perché la persona aumenta la propria consapevolezza (ammesso che la aumenti) grazie all’interpretazione del terapeuta. Alla persona, cioè, viene assegnato un ruolo passivo, le interpretazioni spesso sono errate e vengono imposte, etc.

Nel seminario abbiamo svolto attività basate su contenuto stimolo ma senza interpretazione, perciò ancora più sterili.

In sintesi, anche in questo secondo seminario lo spazio dedicato al raccontarsi e ad attività di condivisione autentica (nel senso di relativa a cose significative per la persona) è stato pressoché inesistente.

Autore © Leonardo Evangelista. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.

Gli insegnamenti di Jacopo Fo

murale ad Alcatraz Jacopo Fo
Un murale ad Alcatraz

Jacopo Fo è un importante filosofo italiano. Pur non ricoprendo ruoli accademici ha scritto alcune decine di libri, alcuni dei quali hanno avuto una vasta diffusione, su vari temi relativi all’esistenza, quali ad esempio relazioni, sessualità, cognizione, salute, discipline orientali, cattolicesimo, energie alternative e risparmio energetico, etc.

Jacopo Fo è anche un artista, e incidentalmente è anche figlio di Franca Rame e Dario Fo, ma questi sono aspetti secondari rispetto all’originalità del suo pensiero che è il tema di questo articolo.

Ho seguito il corso di Yoga demenziale tenuto da Jacopo Fo ad Alcatraz, il suo centro culturale in Umbria, credo la prima volta nel 2003, e poi di nuovo quest’anno (2023). Ne approfitto così per scrivere un commento sui suoi insegnamenti.

Tieni presente che la mia conoscenza del pensiero di Jacopo Fo è limitata. Oltre a partecipare ai due corsi ho letto non più di 2-3 dei suoi libri; perciò, questo resoconto sarà parziale e mi scuso in anticipo con Jacopo se la mia descrizione dei suoi insegnamenti sarà parziale o addirittura inesatta.

La saggezza dell’Oriente è poco utile

Uno degli insegnamenti fondamentali di Jacopo Fo, in sintesi, è che la saggezza dell’Oriente non funziona / non è utile, nel complesso, per risolvere i nostri problemi di vita.

Saggezza dell’Oriente è un termine assai generico che indica gli insegnamenti delle molte discipline religiose e filosofiche orientali, fra cui le principali arrivate in Occidente sono l’induismo, il buddismo, lo zen, la pratica dello yoga, la medicina tradizionale cinese.

Ovviamente ognuna di queste correnti ha mille sfaccettature, e volendo è possibile trovare all’interno di ciascuna singole teorie o tecniche che possono rivelarsi parzialmente utili anche nella nostra vita di occidentali. Il concetto fondamentale però, è che i contenuti di queste teorie non sono utili per impostare complessivamente la nostra vita, come invece ci propongono molti ‘maestri’ che le promuovono.

Ad esempio, qualcuno sostiene l’utilità di impostare la propria vita secondo i dettami del buddismo tibetano, altri di praticare costantemente lo yoga, altri ancora di leggere le nostre difficoltà (e di cercare soluzioni) in termini di chakra chiusi o aperti o di sbilanciamento fra Ying e Jang.

Cosa ci ha raccontato Jacopo

Perché dico che secondo Jacopo Fo e la saggezza dell’Oriente non funziona / non è utile, nel complesso, per risolvere i nostri problemi di vita?

Nella conversazione con noi corsisti che ha tenuto il 18 agosto 2023, Jacopo, con l’approccio ironico e la capacità di affabulazione che lo caratterizzano, ci ha raccontato una serie di storie che svalutano la saggezza orientale.

Ad esempio la storia di Kunga Legpa, un mistico tibetano che centinaia di anni fa ha ridicolizzato l’allora Dalai Lama e tutti i riti del buddismo tibetano, poi la storia di un discepolo lodato da Budda perché lascia morire di fame suo figlio pur di non distrarsi dalla meditazione, poi ancora la sua esperienza (di Jacopo) a Pomaia, centro della spiritualità tibetana tradizionale in Toscana, dove si è reso conto che per anni ha praticato la meditazione ‘sbagliata’ (che la gran parte dei maestri in Occidente continua a promuovere) perché volta a potenziare ulteriormente le capacità di concentrazione che noi occidentali abbiamo già ben sviluppate (vedi un approfondimento (Quando troppa concentrazione diventa un problema: la meditazione orientale è “sbagliata”), poi ancora ci ha parlato della sua respirazione diaframmatica (adottata seguendo gli insegnamenti dell’hata yoga) che, ci ha detto, gli ha provocato due ernie addominali. Jacopo ha inoltre evidenziato come il buddismo, per arrestare il ciclo delle reincarnazioni, veda con favore l’estinzione dell’umanità, obiettivo per noi occidentali totalmente inaccettabile.

Al contrario, Jacopo ha citato come esempi positivi Krishnamurti, che a un certo punto della sua vita ha rifiutato il ruolo di Nuovo Buddha, e secondo cui (cito a memoria) l’illuminazione consisterebbe semplicemente nel vivere consapevolmente il qui e ora, e nient’altro. Jacopo ha inoltre citato, in positivo, ma senza spiegare perché (il pranzo era pronto, avevamo sforato il tempo) il libro di Anthony de Mello, Chiamati all’Amore.

In sintesi, Jacopo, con un approccio antidogmatico, ci invita a non cercare nella saggezza dell’Oriente indicazioni di vita totalizzanti. Ma se la saggezza dell’Oriente è poco utile (questa è la parte destruens del suo pensiero), in che direzione, secondo lui, possiamo guardare per dare un indirizzo alla nostra esistenza?

Altri aspetti degli insegnamenti di Jacopo Fo

La fenomenologia dell’esperienza quotidiana

Un aspetto importante degli insegnamenti di Jacopo Fo è la sua attenzione alla fenomenologia dell’esperienza quotidiana. In parole povere, la sua elaborazione teorica è basata sulla sua personale esperienza della realtà.

Jacopo rielabora gli insegnamenti delle tante teorie orientali e occidentali di cui è venuto a conoscenza sulla base della sua esperienza personale quando ha provato ad applicarle.

La sua indicazione a ciascuno di noi è di fare lo stesso, di riflettere, cioè, e di trarre ispirazione dalla nostra esperienza quotidiana. Non è una indicazione da poco.

La gran parte di noi semplicemente vive, senza riflettere più di tanto sulle proprie pulsioni e sensazioni e sulle indicazioni di vita che possiamo ricavare dalla nostra esperienza quotidiana. Spesso la nostra visione del mondo e i nostri obiettivi di vita sono basati sulla visione e sugli obiettivi di persone diverse da noi, che vengono diffusi attraverso opere letterarie e i social media e che facciamo nostri acriticamente.

In questo invito alla autoconsapevolezza rientra anche una serie di esercizi fisici e mentali che Jacopo ci ha fatto fare durante il corso.

Ad esempio, l’esercizio del braccio che si alza da solo dopo aver tenuto il dorso della mano pressato per almeno un minuto contro un oggetto rigido, il miglioramento dei riflessi grazie a tecniche di visualizzazione nell’esercizio che consiste nell’afferrare una banconota al volo, il miglioramento delle capacità di resistenza a una persona che ci spinge grazie a una postura particolare, l’aumento della resistenza alla piegatura di un braccio teso grazie di nuovo a tecniche di visualizzazione.

L’attenzione alle eccezioni positive

Oltre alla fenomenologia della vita quotidiana, Jacopo dedica attenzione alle vicende personali e storiche di quanti in maniera creativa trovano soluzioni a problemi specifici. Nell’incontro del 18 agosto, ad esempio, ha citato la creatività del sindaco Antanas Mockus nel risolvere i problemi della città di Bogotà. Due giorni fa ci ha fatto vedere uno spettacolo teatrale scritto da suo padre e recitato da Mario Pirovano sulla vittoriosa resistenza degli indiani della Florida agli invasori prima spagnoli e poi americani.

Indicazioni normative in alcuni ambiti

Come abbiamo visto, Jacopo Fo svaluta il contenuto delle discipline orientali e ci invita a trarre ispirazione dalla nostra esperienza quotidiana; tuttavia, in alcuni ambiti di vita ci fornisce anche indicazioni di comportamento. Ad esempio ci fornisce  indicazioni normative su sessualità (vedi ad esempio Lo zen e l’arte di scopare), sui rapporti uomo-donna (vedi ad esempio La corretta manutenzione del maschio), sulle cure mediche (vedi ad esempio Guarire ridendo).

Ma per capire fino in fondo il senso degli insegnamenti di Jacopo Fo è necessario spiegare anche il contesto in cui si colloca la sua produzione intellettuale.

La ricerca di senso di coloro che erano giovani nel 1968

Alla fine degli anni ’60 del secolo scorso molti giovani occidentali si sono rivoltati contro i valori dei loro genitori: arricchirsi (per quanto possibile), sposarsi, fare figli, vivere in una bella casa di proprietà, cercarsi un lavoro regolare, seguire disciplinati le direttive dei superiori e della chiesa. Ma anche mantenere il ruolo subordinato delle donne e continuare (negli Stati Uniti) la discriminazione di gay e persone di colore.

Alcuni dei valori dei loro genitori, va detto, erano almeno in parte comprensibili. I genitori di coloro che erano giovani a fine degli anni ’60 erano nati nella povertà estrema seguita alla crisi del 1929, avevano subito o addirittura partecipato alla Seconda guerra mondiale e poi finalmente stavano vivendo il boom economico del dopoguerra che permetteva livelli di vita e di sicurezza economica mai visti prima.

La contestazione giovanile della fine degli anni ’60 ha creato nei partecipanti una gigantesca richiesta di senso: se i valori dei genitori non vanno bene, cosa mettere al loro posto? In quegli anni era esperienza comune appassionarsi e discutere con altri giovani dei valori della vita, e sforzarsi di impostare la propria vita secondo i dettami dei valori scelti.

In questa ricerca di senso i dettami dei vari filoni della saggezza orientale sono stati visti come una possibile soluzione. NOTA 1 Altri giovani si sono invece indirizzati verso una rivitalizzazione della religione cattolica, vedi ad esempio l’esperienza di Comunione e Liberazione, e altri verso il comunismo integralista (vedi ad esempio la nascita dei gruppi extraparlamentari). In questo articolo non approfondirò queste esperienze.

A fine anni ’60 vari maestri spirituali indiani e tibetani si sono trasferiti in Europa e in America riscuotendo molto successo. La migrazione di santoni in Occidente in realtà era iniziata già nel 1800, ma dagli anni ’60 del secolo scorso ha subito una accelerazione, vedi un resoconto dettagliato in Eastern Religion in the West: The First 100 Years). Inoltre molti giovani europei, seguendo l’esempio dei Beatles, sono andati in Oriente. I vari santoni si sono posti come portatori di soluzioni da applicare a tutti gli aspetti della vita, creando spesso delle vere e proprie sette, vedi ad esempio l’esperienza di Osho nel mio articolo Cosa ci insegna la parabola di Osho.

La ricerca di senso / soluzioni è stata indirizzata anche verso culture più genericamente non europee, vedi ad esempio Carlos Castaneda che in A scuola dallo stregone e nei libri successivi favoleggia su presunti insegnamenti comunicategli da uno stregone messicano. Sugli imbrogli di Castaneda vedi il mio articolo Carlos Castaneda, fine di un mito.

Non solo valori su cui impostare la propria vita, anche soluzione ai propri problemi

La saggezza dell’Oriente è stata utilizzata non solo per trovare valori su cui impostare la propria vita, ma anche la soluzione ai propri problemi quotidiani di natura ad esempio relazionale o sessuale. Vedi ad esempio la miriade di libretti con gli insegnamenti di Osho sui principali problemi di vita.

Si è addirittura creata una ibridazione dove ‘maestri’ occidentali proponevano soluzioni a problemi personali utilizzando una terminologia orientale, vedi ad esempio il tantra yoga utilizzato in Occidente (completamente diverso da quello reale indiano tanto da essere chiamato, per chiarezza, neotantra) per curare l’eiaculazione precoce.

Il ruolo di Jacopo Fo in una società in cerca di valori

In questo contesto, Jacopo Fo, con un approccio ironico e dissacrante, ha provato a immunizzarci contro tutti i dogmatismi che ci venivano proposti in alternativa ai valori dei nostri genitori. L’azione iconoclasta di Jacopo è stata di volta in volta rivolta contro i santoni orientali, contro la chiesa cattolica, contro la sinistra integralista. E in più Jacopo ci ha fornito le sue spesso personalissime (e divertenti) ricette alternative sui principali problemi dei giovani, in particolare su sessualità e relazioni.

In cosa credono i giovani di oggi

La maggioranza dei giovani di oggi non contesta più i valori dei propri genitori perché la società, rispetto agli anni ’60, è cambiata in meglio. Le famiglie sono più aperte e tolleranti, i dettami della chiesa sono seguiti solo da una minoranza della popolazione (e comunque anche la chiesa è cambiata, vedi l’odierno Papa Francesco), la sessualità è vissuta più liberamente, i diritti delle donne e delle minoranze sono maggiormente tutelati, etc.

Tutto questo ha comportato una drastica riduzione della ricerca di valori. Nessuno fa più discussioni ispirate sul senso della vita.

Le persone vivono e basta. Ci sono riflessioni e elaborazioni teoriche solo su problemi specifici che possono presentarsi (ad esempio crisi di coppia, problemi di natura sessuale, problemi di salute), ma solo quando si presentano. Manca cioè, contrariamente a 40 anni fa, una riflessione e elaborazione rivolta a tutti gli aspetti di vita.

Sto parlando per grandi numeri, in realtà anche oggi ci sono minoranze di giovani che seguono santoni vari, che praticano lo yoga o la mindfulness tutti i giorni, oppure ancora che sono coinvolti in gruppi cristiani integralisti, ma sono appunto minoranze.

La rilevanza del pensiero di Jacopo Fo

Questo, secondo me, ha ridotto la rilevanza del pensiero di Fo. Se le persone non discutono più di massimi sistemi, la sua critica dei massimi sistemi non viene apprezzata.

In più, la rilevanza degli scritti di Jacopo Fo su sessualità e relazioni è diminuita perché l’approccio promosso da Fo e da altri (nel seminario del 18 agosto Jacopo ha citato ad esempio la sessuologa Leslie Leonelli), grazie anche all’attività divulgativa di Jacopo, oggi è divenuto mainstream.

Gli scritti di Fo rimangono comunque rilevanti per chi si interessa di discipline orientali e/o desidera approfondire le tecniche  sessuali e/o migliorare le proprie relazioni e/o la gestione di se stesso.

Oggi i temi che vanno per la maggiore e sono costantemente sui media sono diversi. Ne elenco alcuni:

  • l’ambientalismo catastrofista (se non risolviamo tutti i problemi ecologici entro domani l’umanità si estinguerà in 6 mesi),
  • la promozione della fluidità sessuale,
  • la contestazione del merito,
  • l’animalismo intransigente
  • la lotta al precariato dei lavoratori dei trasporti e dei servizi dequalificati.

Tuttavia sono temi che, per quel che posso capire, Jacopo Fo non ritiene rilevanti (nemmeno io).

……

NOTA 2: Ho raccontato la mia personale disillusione con la saggezza d’Oriente nell’articolo Non credo più all’Oriente.

Vedi anche:

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I chakra non esistono

Allora, ero a questo seminario di massaggio tantra e al termine della prima giornata mi sono sorpreso a pensare: Finalmente un seminario dove non si parla di chakra!

L’ho detto troppo presto. La mattina dopo abbiamo cominciato con una Chakra meditation.

Fino a metà Ottocento in Europa si credeva che la gran parte dei disturbi fisici e psichici fosse dovuta a uno sbilanciamento di quattro umori fondamentali: malinconico, flemmatico, collerico e sanguigno, seguendo la teoria degli umori, messa a punto dagli antichi Greci, e poi adottata dai Romani e da lì fino al Rinascimento e oltre. Poi lo sviluppo della medicina scientifica ha mandato questa teoria in soffitta.

Adesso ammettiamo che qualcuno che abita in Oriente (in India o in Cina) ed è scontento delle locali pratiche mediche venga da noi a riprendere la teoria degli umori e ne faccia la base per pratiche di guarigione e attività educative. Noi faremmo una risata.

Eppure questo è esattamente quello che è accaduto quando qualche scontento occidentale ha importato in Occidente la medicina cinese e/o indiana che crede che all’interno del corpo umano esistano i chakra, vale a dire dei centri energetici di energia vitale del corpo che governano le funzioni organiche e mentali. La credenza dell’esistenza dei chakra è frutto di una anatomia ingenua e ignorante sviluppata in Oriente nella notte dei tempi. In Cina e India le credenze sui chakra sono ancora diffuse perché sono Paesi poveri dove c’è ancora tanta gente illetterata e povera che non ha accesso alla medicina scientifica.

Poiché i chakra non esistono (se dissezioniamo un corpo umano troviamo organi, e non centri di energia, e l’energia vitale ugualmente non esiste) tutte le attività che mirano a risvegliare i chakra, aprire i chakra, spostare l’energia da un chakra a un altro sono semplicemente giochi di bambini.

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Se ti senti rifiutato è un problema tuo (ma in realtà è del conduttore)

In un recente corso di massaggio tantra le coppie per svolgere i vari esercizi venivano formate dividendo i partecipanti in due file, quella di chi sceglie e l’altra di chi, a occhi chiusi, viene scelto. Prima della scelta veniva ribadito che chi non trovava un partner gradito poteva rifiutarsi di formare una coppia. In questo modo, alcune persone (in genere le più anziane o le meno attraenti) rimanevano senza partner e non svolgevano l’esercizio.

Quando a un certo punto uno di quelli che rimanevano senza partner si è lamentato, dicendo che si sentiva rifiutato, il conduttore del gruppo gli ha risposto che aveva un problema di abbandono su cui doveva interrogarsi e ‘lavorare’ a livello psicologico.

Il problema in realtà era che il conduttore aveva strutturato male il programma.

Nei corsi di massaggio tantra (e di tantra in generale) si fanno massaggi di coppia dove entrambi i partecipanti sono nudi o quasi nudi (vestono solo gli slip oppure un telo intorno ai fianchi alla maniera indiana), e il massaggio può prevedere, a seconda dei livelli, anche carezze del seno, dei glutei, dei genitali e la stimolazione dei genitali. Alcuni dei partecipanti arrivano già in coppia e svolgono tuti gli esercizi con il partner, altri invece si iscrivono da soli e per fare pratica e imparare la tecnica (che poi tornati a casa useranno con amici, amanti o clienti paganti) devono far coppia con sconosciuti.

Per facilitare lo svolgimento del corso, il conduttore deve far svolgere, all’inizio del corso, una serie di esercizi che hanno lo scopo di far familiarizzare sia da un punto di vista relazionale che fisico tutti i partecipanti. Si tratta ad esempio di condivisioni in piccoli gruppi dove ognuno racconta le aspettative e i timori relativi al corso, o alcuni aspetti e preferenze della propria vita affettiva e sessuale. A livello fisico, si tratta invece di esercizi come quello dove i partecipanti camminano e quando si incontrano si guardano negli occhi e si abbracciano, oppure altre attività di contatto fisico a basso impatto emotivo, ad esempio ricevere carezze bendati ma vestiti, o massaggi non genitali in piccolo gruppo.

Grazie a questo tipo di attività si crea nel gruppo un piacevole sentimento di vicinanza fra i partecipanti che rende poi possibile formare le coppie semplicemente tirando a sorte e senza rifiuti di partner.

Queste attività inoltre riducono la possibilità che i partecipanti abbiano sensazioni negative mentre sono impegnati nel massaggio tantra vero e proprio.

Nel corso in questione, il conduttore del gruppo aveva saltato completamente questa fase di rottura del ghiaccio, passando immediatamente alla pratica del massaggio tantrico di coppia. Il problema dunque non era del partecipante (chiunque in quella situazione si sarebbe sentito rifiutato), ma del conduttore. In prima giornata inoltre due partecipanti hanno avuto difficoltà psicologiche sostanziali nello svolgimento dei massaggi, una ha  addirittura interrotto  l’esercizio di massaggio.

Conduttori che a ogni workshop continuano a creare un setting dove qualcuno si sente rifiutato o vive le attività come minacciose mostrano una scarsa attenzione al benessere dei partecipanti e una scarsa capacità di condurre gruppi.

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Cosa ci insegna la parabola di Osho

Le vicende di Chandra Mohan Jain, ribattezzatosi poi Acharya Rajneesh, in seguito Bhagwan Shree Rajneesh e infine Osho sono state recentemente riportate in vita dalla docuserie Wild Wild Country andata in onda su Netflix. Io ero giovane quando Osho imperversava e per strada si vedevano persone vestite di arancione. Una mia compagna di università faceva l’entreneuse per procurarsi i soldi per poter soggiornare nella comune di Osho in Oregon, e un mio conoscente ex Lotta Continua era diventato un suo seguace. Io, che ho un approccio occidentale alla vita e valuto molto l’uguaglianza, ho sempre avuto una resistenza a farmi seguace di un guru.

La serie di Netflix mi ha dato l’occasione di ripensare alla vicenda di Osho, che continuo comunque a trovare in giro: conosco persone che sono state a visitare la sua tomba in India, vicino a casa mia c’è il centro di Osho Miasto, che promuove attività basate sui suoi insegnamenti (ma anche Villa Vindavana, centro di irradiazione degli insegnamenti di un altro santone indiano), e mi è capitato di partecipare a workshop di sviluppo personale tenuti da facilitatori che erano stati suoi seguaci (in uno di questi ci hanno fatto vedere la registrazione di uno dei suoi discorsi, io mi sono addormentato). Oltre alla serie di Netflix, ci sono tanti libri scritti da suoi (ex) seguaci che raccontano la loro esperienza con lui (vedi in fondo a questa pagina)

L’Oriente ha avuto una parte importante nel mio sviluppo personale: in terza media / prima liceo, prima di dedicare il mio tempo alla politica, praticavo lo yoga e leggevo le opere di Sri Aurobindo e Yogananda, ci ero arrivato da un percorso partito da Universo proibito di Leo Talamonti e Il Mattino dei maghi di Bergier e Pauwels. L’Oriente mi interessava perché ero affascinato dal mondo magico e nelle filosofie orientali ho cercato a lungo, senza trovarle, le soluzioni ai miei problemi esistenziali di adolescente e poi di adulto.

Dalle testimonianze dei seguaci vengono fuori accadimenti apparentemente contrastanti: tutti i suoi seguaci segnalano di aver vissuto, grazie alla vicinanza con Osho, sensazioni di pace e benessere e crescita personale, alcuni anche esperienze estatiche. D’altra parte Osho era un megalomane: sosteneva di essere la reincarnazione di San Giovanni Battista (e la sua compagnia Vivek la reincarnazione di Maria Maddalena), che Buddha era entrato in lui (vedi il resoconto di Devakant, p.290) e un accumulatore seriale: è arrivato a possedere più di 90 Rolls Royce, nonché decine di bracciali e orologi preziosi, comprati coi soldi richiesti ai seguaci, parte dei quali, per poter visitare e rimanere nell’Ashram, arrivavano a prostituirsi e commerciare droga, oppure erano costretti a lavorare fino a 19 ore al giorno, senza retribuzione. I pasti nell’ashram (sia a Poona che in Oregon) erano insufficienti, la gran parte dei seguaci erano denutriti e in precarie condizioni fisiche, spesso con malattie veneree a causa dei frequenti rapporti sessuali non protetti con più partner. I seguaci che non seguivano alla lettera le indicazioni di Osho o dei suoi fiduciari erano espulsi dall’ashram dalla mattina alla sera, senza soldi. I bambini venivano iniziati a pratiche sessuali con adulti (vedi la testimonianza di Tim Guest). Osho chiedeva prestazioni sessuali ad alcune delle sue seguaci, spingeva i suoi seguaci alla sterilizzazione, in Oregon i suoi seguaci hanno programmato assassini, eseguito attentati e volutamente creato un’epidemia di salmonella che ha colpito oltre 700 persone, etc., etc. Osho inoltre picchiava la sua compagna Vivek, per un periodo era dipendente da Valium e protossido di azoto, e  profetizzava a vanvera. Ad esempio a un certo punto sosteneva che ci sarebbe stata una guerra nucleare entro un paio di anni (nella comune in Oregon fu dato l’ordine di costruire rifugi anti nucleari), e poi ancora che entro il 2000 due terzi dell’umanità sarebbero morti di AIDS. Vedi un approfondimento a questa pagina.

Dunque qual è l’insegnamento principale della vicenda di Osho? Secondo me che la capacità di un guru di provocare esperienze sovrasensoriali e benessere nei suoi seguaci non basta a classificarlo come ‘buono’ o ‘illuminato’ (in senso buddista). Un determinato guru (nel caso specifico Osho) può mostrare capacità sovrumane (quelle che ci si aspetta dai guru) e provocare esperienze sovrasensoriali e benessere nei propri seguaci, ma ugualmente essere malvagio, approfittarsi di loro e soffrire di quegli stessi limiti (ad esempio comportamenti violenti o attaccamento alla ricchezza) che vorrebbe far superare ai suoi seguaci. Mostrare capacità sovrumane e provocare benessere non è di per sé, purtroppo, un segnale sicuro di ‘bontà’ o illuminazione.

Lascio dire allo studioso Timothy Conway, che esprime questo concetto meglio di me:

Even more than the notable Mafia bosses, dictators and their ilk, who often exude a formidable, palpable animal magnetism, Rajneesh / Osho was known by his sannyasins to be surrounded by an extremely potent and influential energy field that could put people into temporary altered states of consciousness and even deep trances. But Rajneesh is certainly not alone in this. My M.A. thesis in graduate school back in 1983 focused on the cross-cultural, widespread set of phenomena associated with figures from religious history East and West, ancient and contemporary, who are felt to be the source of this unusual energy that gets variously called Shaktipat by the Hindu Tantrikas (bestowal of the Divine Shakti energy), the Charismata Power of the Spirit by Christians (from Jesus and early followers to medieval monasteries to modern-era Pentecostal and Charismatic circles), the Baraka or Berekah blessing force around many Muslim Sufi and Jewish mystics, the Wang empowerments around certain Tibetan Buddhist lamas, the Ch’i or Ki energy around meditation masters and martial artists of China and Japan, the Mana energy around Polynesian shamans and called by various names around other shamans and shamanesses in indigenous tribes found worldwide.

What also became clear to me in my extensive research back then and over the years since then is that such potent, palpable energy or vital force can come through scoundrels as well as saints and sages. It’s for this reason, for example, that early and later Christian leaders ranging from St. Paul to St. John of the Cross were very, very cautious before labeling such energy a clear, pure manifestation of God. Jesus’ criterion, “By their fruits you shall know them” became paramount, and in many cases Christian sages were carefully watching and feeling with their own charismatic power of “discerning spirits” to determine if the source of the dazzling energy in themselves or others was Divine or demonic or somewhere in between. The same kind of careful spiritual discernment regarding unusual potent energies and miracles and other manifestations has occurred among the wisest spiritual leaders of our sacred traditions, from the ancient time of the Upanishad’s sages and the Buddha to the present time.

It’s well known to the true sages that powerful but ultimately confused, constricted discarnate entities regarded as “demons” or “titans” (Skt.: asura, rakshasa, etc.) can create such electric energies through human beings as a way of then “feeding” on the aroused emotions and psychic states of the hordes of people who surround the human channel. That’s why many Zen masters often warned their students to simply regard all unusual states and energies as makyo, distracting “diabolical phenomena,” and instead wake up to the Open, Infinite Awareness, the formless “Big Self” or pristine “Buddha-Nature.”

In concluding this point: Just because a charismatic figure is felt to be a powerhouse of energy creating altered states of consciousness in people does NOT mean the figure should be viewed as a perfected spiritual master or venerated as “Divine,”

In the case of Rajneesh, therefore, we can surely affirm that he was somehow a source or a channel, especially from the mid-1960s until some time in the 1970s (after which it’s hard to determine whether it was Rajneesh or the group-energy of thousands of people responsible), for a very powerful Shaktipat energy that created dramatic effects in numerous persons around him. But what was the long-term effect of all this energy? Yes, there was evidently and undeniably a lot of good! But there were also a lot of “not-so-good” consequences dark and painful. So, to reiterate Jesus’ statement: “By their fruits you shall know them.”

(…)

[Osho] wasn’t fully free [from his egoic samskaras – binding attachments-aversions] from the beginning, and predictably began to have some psychological and emotional problems rooted in a subtle, insidious sense of self. All the inflation and aggrandizing of that self (by himself and others) could not stave off a certain ‘crash,’ and then had to come the compensations (as you specified in an earlier email: the Rolls-Royces, etc.)…. I know this sounds harsh, but we really need to distinguish between the fully enlightened on the one hand, and, on the other hand, those individuals like Rajneesh who have powerful glimpses of real awakening, kensho/satori experiences (in Zen language), but then fall back into their egoic samskaras [binding attachments-aversions] and karma-producing tendencies. It seems like it was just assumed far too early (by both Rajneesh and his followers) that he was ‘fully enlightened,’ not just a very talented, experienced, insightful, charismatic guy who’d made some spiritual breakthroughs into fearlessness, exhilaration, etc. And on the basis of this idea that he was ‘fully enlightened’ everyone got into some trouble; though, as you say, all sorts of good things happened too! I could starting naming for you dozens and dozens of figures similar to Rajneesh who claimed (or had others claiming) that they were ‘fully enlightened,’ but none of these have authentically lived from that Holy Wholesomeness beyond the needy self.”

(..)

Evidently Rajneesh was not free of several of these ten fetters (e.g., recall his self-inflated narcissistic boasts, the attachments to sex and expensive toys, the delight in stirring up controversy for the sake of controversy, elevating himself above earlier sages [Sankara, the Buddha, et al.] by misrepresenting and criticizing their views, etc.). Going further, where, really, was the truly heroic self-sacrifice and the love/compassion? (—we’ve heard of too many incidents reported by former close disciples of the lack of these traits). And where was that “all-seeing” “functional omniscience” reported of the Buddha and, more recently, of Ramana Maharshi, Shirdi Sai Baba, and several others?

Libri di seguaci di Osho che raccontano la loro esperienza (riporto solo quelli che ho letto o sto leggendo)

  • Devakant. In the eye of the Hurricane
  • Subhuti Anand Weight. Wild Wild Guru
  • Milne Hugh. Bhagwan. The God that failed
  • Guest Tim. My life in orange
  • Yoga Punya. On the Edge. Living with an Enlightened Master
  • Ma Anand Sheela. Don’t Kill him! The Story of my Life with Bhagwan Rajineesh
  • Luglio Radha. Tantra. Un modo di vivere e amare
  • Strelley Kate. Ultimo gioco
  • Prem Shunio. Diamond Days with Osho

La parabola di Osho si inserisce all’interno del più generale processo di diffusione in Occidente di teorie mistiche orientali, processo che ha portato spesso a delusioni o vere e proprie truffe. Vedi una descrizione delle varie vicende a questa pagina. Dall’introduzione:

In the 1960s it seemed that the Wisdom of the East was arriving on every other 707 from Asia to rescue i baby boomers from the dismal promise of a job in the city and a home in the suburbs and church on Sundays.

Unfortunately this captivating fairy story of how Indian Holy Men and their devotees have established ideas like karma and enlightenment, puja and meditation into the New Age of Western popular culture has, as is traditional, a dark twist. The magical promises of realisation and enlightenment or magical powers and tantric sexuality have turned out to be damp squibs and the Holy Men often, if not nearly always, have been as sleazy and phony as a politician or snake-oil salesman and they have wasted the hopes and lives of thousands, if not millions, of those who trusted them while they secretly indulged in the very physical pleasures they claimed to be above.

This movement is based on a few separate strands:

  • the 19th century translation and publication of Hindu and Buddhist scriptures
  • the writers and hustlers who created the dream of a Mystic East where yogis and swamis had occult powers
  • the recruitment of a few remarkable men who travelled to the West and their sympathisers and financers
  • the removal of racist immigration barriers that allowed Asian gurus to try their luck in the USA
  • the American Way which promotes and produces profit from religions that glorify asceticism and self-sacrifice

 

Autore © Leonardo Evangelista. L’articolo rispecchia le opinioni dell’autore al momento dell’ultima modifica. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.